martedì 9 aprile 2013

KOSOVO: LA SERBIA DICE NO AD UN'IPOTESI DI ACCORDO MA VUOLE CONTINUARE A TRATTARE

La Serbia ha respinto un'ipotesi d'accordo con il Kosovo, ma intende continuare a negoziare con Pristina (anche perché questa è una condizione chiave per ottenere la data di avvio dei negoziati di adesione all'Unione europea). "Il governo della Serbia non può accettare i principi presentati verbalmente al suo team negoziale a Bruxelles, dal momento che non garantiscono una piena sicurezza e protezione dei diritti umani per i serbi che vivono in Kosovo", ha affermato ieri il primo ministro Ivica Dacic che ha comunque lanciato un appello per una "ripresa urgente del dialogo con la mediazione dell'Unione europea" (ricordiamo che al termine dell'incontro a Bruxelles la scorsa settimana con il premier kosovaro Hashim Thaci, l'Altro rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton, aveva annunciato che si trattava dell'ultimo incontro ufficiale in quella sede). Le parti restano, quindi, sostanzialmente sulle loro posizioni, per cui il no ad un accordo era ampiamente preannunciato: il dissidio riguarda lo status della comunità serba che vive nel nord del Kosovo.

Dopo il fallimento dell'incontro di martedì scorso, Belgrado attendeva un documento scritto con "l'offerta finale" dell'Ue, anche se il governo serbo aveva lasciato subito intendere di non aspettarsi molto. La questione del documento da Bruxelles aveva poi assunto contorni confusi: secondo la stampa belgradese, al premier Ivica Dacic e al primo vicepremier Aleksandar Vucic sarebbe stato chiesto di accettare una proposta "orale", o "solo parzialmente letta" addirittura "in parte scritta a macchina, in parte a mano" come ha scritto Politika. Ad un esame più attento, la delegazione serba si sarebbe ritrovata con un'offerta di soluzione "addirittura peggiore, che prevede meno poteri per la comunità delle municipalità serbe rispetto alla soluzione in otto punti prospettata precedentemente”, determinando un quadro definito "inaccettabile" dai negoziatori serbi. "Non possiamo firmare la nostra capitolazione”, ha detto Dacic al primo ministro francese Jean-Marc Ayrault: "Prima ci hanno detto che i serbi avrebbero avuto un'ampia autonomia in Kosovo, poi non se ne è fatto niente, anzi,ai serbi stanno offrendo meno autonomia di quanta ne abbia una qualsiasi città francese".

Il nodo è quello del futuro della minoranza serba che vive in Kosovo, in particolare nel Nord, dopo l'indipendenza proclamata unilateralmente dai kosovari albanesi nel 2008. Belgrado continua a respingere la secessione di quella che considerare una propria provincia serba, seppure sottratta alla propria amministrazione sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza. Pristina ha accettato la proposta di creare una associazione dei comuni a maggioranza serba dotata di una certa autonomia amministrativa, ma è decisamente contraria a concedere loro poteri esecutivi e giudiziari chiesti da Belgrado. Le autorità kosovare temono che un'autonomia troppo ampia per il nord rappresenti un rischio di futura secessione della regione con la creazione di una entità serba sul modello di quella creata in Bosnia dagli accordi di pace del 1995. Il 16 aprile la Commissione Europea pubblicherà il nuovo rapporto sul negoziato, che il 23 sarà poi esaminato dai ministri degli Esteri dei Ventisette, per poi essere trasmesso ai leader Ue in vista del Consiglio europeo di fine giugno che dovrà decidere se fissare la data di apertura dei negoziati di adesione della Serbia o se rinviare ancora.


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