giovedì 25 aprile 2013

DA BRUXELLES FINALMENTE BUONE NOTIZIE PER LA SERBIA (SI SPERA)

Qui di seguito l'ampio reportage di Marina Szikora per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio Radicale sulle reazioni in Serbia dopo l'accordo per la normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina siglato a Bruxelles il 19 aprile con la mediazione dell'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton.

Il rapporto della Commissione europea reso pubblico lunedi' 22 aprile indica che la Serbia ha intrapreso passi molto importanti verso un miglioramento visibile e sostenibile nelle relazioni con il Kosovo in base alle conclusioni del Consiglio europeo dello scorso dicembre. Secondo l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue, Catherine Ashton, le raccomandazioni della Commissione europea per la Serbia e il Kosovo rappresentano "una interruzione decisiva con il passato" e "un passo comune verso il futuro europeo". Il capo della diplomazia europea, che ha guidato i dieci round negoziali tra Belgrado e Priština, scrive il quotidiano di belgradese Blic, si e' congratulata con i partecipanti al dialogo per il loro "corraggio e visione". Nello stesso comunicato, il commissario all'allargamento Stefan Fuele ha aggiunto che "la Serbia e il Kosovo hanno dimostrato di potersi concentrare sul futuro invece di restare prigionieri del passato".

La Serbia pero', come ripetuto dal premier Ivica Dačić, con questo accordo siglato la settimana scorsa a Bruxelles, non ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo. "I negoziati sul Kosovo continuano. Abbiamo alle nostre spalle diverse cose: per la prima volta abbiamo ottenuto garanzie che un futuro esercito kosovaro non potra' recarsi al nord del Kosovo, che la polizia e la giustizia vengono formati dai serbi e che la parte serba propone tre candidati per il ruolo di comandante della polizia regionale. Per la prima volta la comunita' internazionale e' stata dalla parte della serba e questo dovrebbe aprire una nuova epoca della Serbia verso l'Occidente", ha detto Dačić aggiungendo che finora questo e' il testo piu' conveniente per la Serbia. Il testo dell'accordo afferma anche che la Serbia non puo' bloccare il Kosovo nel processo di integrazione europea, ma non si menzionano altre organizzazioni internazionali quali ad esempio le Nazioni Unite.

Comunque vada, e' e continuera' ad essere un argomento sempre difficile e molto delicato, lo confermano anche le primissime dichiarazioni da parte dei due premier. Hashim Thaci ha ribadito a casa sua che l'accordo garantisce "il riconoscimento del Kosovo, che si tratta di un soggetto internazionale, di sovranita' ed integrita' territoriale". Secondo il premier kosovaro "i serbi nel passato hanno sempre parlato delle loro vittorie, ma la prassi dimostrera' come in realta' stanno veramente le cose”. Il premier serbo Ivica Dačić, da parte sua, ha ripetuto invece che non si tratta e non si trattera' mai del riconoscimento serbo dell'indipendenza del Kosovo e che invece tutte le condizioni serbe sono state accettate. Secondo le informazioni dell'emittente serba B92 non ci sara' nessuna cerimonia di firma delle due parti a seguito dell'accordo siglato venerdi' scorso e dopo che esso verra' definitivamente approvato sia da Belgrado che da Priština.

Le reazioni in Serbia
L' accordo sulla normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Priština ha provocato in Serbia una ondata di diverse reazioni, dalle valutazioni di chi lo considera una decisione storica e istituzionale che offre un appoggio al futuro, alle accuse di tradimento degli interessi statali e nazionali e fino alle invettive di chi ha affermato che e' stato compiuto "un colpo di stato". "In questo momento, si tratta del massimo che abbiamo potuto ottenere per il nostro popolo in Kosovo", ha detto il vicepremier Aleksandar Vučić, rilevando che Belgrado "non sara' intrappolata nelle menzogne di Hashim Thaci" sul riconoscimento dell'indipendenza. Anche il premier Dačić ha qualificato come "interpretazione falsa" la dichiarazione del premier kosovaro il quale continua a ribadire che si e' trattato in effetti del riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo. Alla radiotelevisione della Serbia, Dačić ha dichiarato che queste sono "menzogne" di cui si servono gli albanesi del Kosovo che vogliono mostrare alla loro opinione pubblica di aver vinto in questi negoziati.

Dall'altra parte, come voce dell'opposizione, l'ex premier serbo e leader del Partito Democratico della Serbia, il conservatore nazionalista Vojislav Koštunica, ha accusato il potere ad aver accettato di porre fine allo stato serbo in Kosovo, di lasciare il popolo serbo in balia della volonta' dei separatisti albanesi e di aver svenduto il territorio del Kosovo per una data di nessun valore, quella dell'inizio dei negoziati di adesione all'Unione europea. Per Koštunica l'attuale leadership al potere ha tradito gli interessi dello Stato e della nazione in Kosovo e in tal modo "ha dato un colpo fatale alla Serbia con conseguenze storiche terribili". Con questo accordo, e' convinto Koštunica, "non esiste piu' lo stato serbo in Kosovo ed i serbi in Kosovo devono vivere sotto la legge ed il potere di uno stato falso quale il Kosovo". Aspre accuse arrivano anche da parte dei circoli nazionalisti serbi. Il movimento Dveri ha valutato che il governo "ha compiuto un colpo di stato, abolito la costituzione e tradito gli interessi statali e nazionali” e per questo i leader politici dovranno dimettersi oppure risponderne davanti alla giustizia. Secondo Dveri cio' significa che per la prima volta nella storia uno stato cede volontariamente una parte del proprio territorio. Secondo gli analisti politici invece, l'accordo renderà più distesa la situazione in Serbia e nella regione. Venerdi' scorso pero', nella serata dell'accordo, diverse persone, in maggioranza giovani, hanno manifestato contro l'accordo a Belgrado urlando "tradimento" e "dimissioni" davanti alla sede della presidenza della repubblica.

L'opposizione della Chiesa ortodossa
Evidente il dissenso anche della Chiesa ortodossa: in un comunicato, il patriarcato serbo ha espresso l'opinione che si tratti di "un completo ritiro della presenza istituzionale della Serbia sul territorio della sua regione settentrionale e della formazione di un'autonomia limitata della comunita' serba al nord del ponte sul fiume Ibar in Kosovska Mitrovica". Secondo la Chiesa ortodossa serba si tratta di un riconoscimento indiretto e silenzioso, ma comunque di fatto, del sistema istituzionale del Kosovo, indipendente dall'attuale ordinamento della Serbia. Le cose si fanno pesanti a causa della pressione dei vertici serbi sul processo indisturbato della "eurointegrazione" del Kosovo di Thaci ma senza alcuna menzione della Serbia in questo contesto. Non c'e' nessun dubbio, si legge nel comunicato della Chiesa ortodossa serba, che dopo aver pagato un prezzo cosi' alto per la famosa data di inizio dei negoziati di adesione all'Ue - e si tratta di negoziati con un numero sconosciuto di nuove condizioni e dell'esito incerto - il prezzo per l'eventuale ingresso della Serbia nell'Ue sara' anche il riconoscimento formale dell'indipendenza del Kosovo e il suo obbligo di non ostacolare l'attribuzione di un seggio per il Kosovo alle Nazioni Unite.

Come sembra, aggiunge il comunicato, si tratta di una resa totale e di una evidente svendita del territorio serbo piu' importante da secoli, nel senso spirituale e storico, imposto dai grandi attori internazionali, nostri amici ed alleati, per i cento anni della liberazione della vecchia Serbia storica dopo cinque secoli di asservimento agli ottomani. La Chiesa serba ritiene che rispetto ad un tale accordo, sarebbe perfino meglio una divisione del territorio, in quanto soluzione piu' giusta e piu' sostenibile. La Chiesa domanda anche che cosa cercasse l'alta delegazione serba alcuni giorni fa a Mosca, se era gia' pronta ad accettare il cosiddetto "massimo del possibile" che in effetti e' il "minimo del desiderabile" dal punto di vista dell'interesse elementare statale e nazionale della Serbia. Su questi presupposti, la Chiesa ortodossa serba lancia un appello ai parlamentari e al presidente della Serbia di esaminare davanti a Dio, davanti alla storia del popolo serbo e alla propria coscienza la loro responsabilita' morale e storica nel momento in cui prenderanno la decisione se dare o meno la loro approvazione al testo dell'accordo siglato a Bruxelles. Al tempo stesso, si lancia anche un appello ai serbi in Kosovo di non riconoscere il dettato della forza e dell'ingiustizia, ma di ritenere il Kosovo sempre e per sempre come loro patria non contestando in nessun modo il fatto che esso e' anche terra di quegli albanesi che ci vivono da secoli insieme ai serbi.

La difesa dei vertici serbi
L'unica linea di difesa dei vertici serbi in questo momento e' quella di ribadire fermamente che l'accordo non significa il riconoscimento dell'indipendenza di Priština da parte di Belgrado. Il consigliere del presidente serbo, Marko Đurić, ha dichiarato che per la Serbia e' estremamente importante l'implementazione dell'accordo sulla normalizzazione delle relazioni con Priština, ma ha annunciato una campagna il cui obbiettivo sara' quello di spiegare ai Paesi che non hanno riconosciuto il Kosovo che l'accordo non e' un passo verso il riconoscimento dell'indipendenza bensi' verso la normalizzazione delle relazioni tra la Serbia e una parte del suo territorio, vale a dire il Kosovo. Secondo Đurić si tratta del passo verso la normalizzazione delle relazioni che sara' coronato con l'approvazione della legge costituzionale la quale stabilira' l'autonomia del Kosovo e Metohija. L'accordo, ha sottolineato il consigliere del capo dello stato serbo, in nessun modo riconosce la necessita' di trattare il Kosovo come uno stato indipendente. Ha rilevato inoltre che il Kosovo non puo' diventare membro delle Nazioni Unite come nemmeno dell'Ue poiche' questo diritto, come ha spiegato, "gli e' negato dall'accordo di Lisbona".

In una intervista alla radio televisione serba, il premier Ivica Dačić ha sottolineato che l'ingresso nell'Ue e' interesse nazionale e statale della Serbia perché questo popolo deve vivere meglio, perche' la Russia e' lontana, perche' non possono da soli, circondati dalla Nato e dall'Ue e perche' non si puo' avere un futuro migliore fuori dall'integrazione europea. "700 anni fa la Serbia era la vecchia Serbia, Kosovo, Raška, ma oggi e' troppo piccola in quest'area. Oggi, gli interessi strategici e statali della Serbia si trovano altrove. Ad esempio in Bosnia Erzegovina, dove vive oltre un milione di serbi. La prossima cosa saranno le pressioni sulla Republika Srpska, e' dell'opinione Dačić. Ci saranno pressioni per la revisione dell'Accordo di Dayton. “Per noi il Kosovo non e' l'unica questione di cui ci dobbiamo occupare", ha detto il premier serbo. Ha ricordato che le sanzioni imposte ai leader dei serbi negli anni Novanta hanno contribuito alla formazioni della Republika Srpska. Dačić ha precisato che se Slobodan Milošević non avesse introdotto le sanzioni ai leader serbi in Bosnia, quando le forze militari musulmano-croate si trovavano davanti a Banja Luka, oggi non ci sarebbe nemmeno l'Accordo di pace di Dayton come nemmeno la Republika Srpska. Dacic ha sottolineato che e' molto importante che l'accordo proposto sia implementato ed ha aggiunto che con i serbi del Kosovo bisogna "parlarci strategicamente, nel piu' grande segreto e nella sicurezza protetta".

La questione dei serbi del nord del Kosovo
Il problema principale restano comunque proprio i serbi del nord del Kosovo che si rifiutano di accettare quanto Belgrado ha concordato con Priština a Bruxelles. Il quotidiano belgradese Večernje novosti riporta le osservazioni del politico che si dice attualmente il piu' forte in Serbia, vale a dire il vicepremier Aleksandar Vučić, il quale si aspetta che ci sia un accordo comune, che si trovi la soluzione insieme con i serbi al nord del Kosovo e che i serbi si presentino uniti. "Noi non possiamo senza il nostro popolo, ne' il nostro popolo puo' senza la sua Serbia", ha sottolineato Vučić e ha aggiunto che non ci deve essere nessun dubbio che la Serbia poteva fare diversamente o meglio. Mercoledi' il premier Ivica Dačić si e' detto fiducioso che il Parlamento serbo con grande maggioranza appoggera' il rapporto del governo sul dialogo Belgrado – Priština nonche' aspettative che nei prossimi giorni, nei colloqui della leadership di Belgrado con i serbi in Kosovo verranno eliminate le divergenze a tal proposito. Oggi la Serbia non e' piu' una notizia negativa e sarebbe un peccato mancare a questa occasione, ha rilevato Dačić.


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