giovedì 16 febbraio 2012

PIU' CHE IL REFERENDUM IN KOSOVO, LA SERBIA ATTENDE LE DECISIONI DELL'UE

Il testo che segue è una trascrizione di una parte della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di oggi di Passaggio a Sud Est su Radio Radicale. La corrispondenza è stata preparata mentre era ancora in corso il voto dei serbi del Kosovo per il referendum in cui sono stati chiamati a decidere se accettare o meno le istituzioni della “cosidetta repubblica del Kosovo”. Il referendum si è svolto nonostante la contrarietà di Belgrado e della comunità internazionale. Secondo il governo serbo la consultazione è inutile perché la costituzione serba non riconosce comunque le istituzioni di Pristina. Il referendum non avrà dunque nessuna conseguenza sul piano legale, ma potrebbe avere un peso politico soprattutto in vista del Consiglio europeo di Marzo che dovrà decidere se concedere o meno alla Serbia lo status di Paese candidato all'adesione all'Ue. Questo e le elezioni di maggio, più che il referendum nel nord del Kosovo, sono i temi che impegnano il mondo politico serbo.

Il primo giorno del voto, il presidente della Serbia Boris Tadić ha detto di comprendere la necessita' dei serbi al nord del Kosovo di eprimere la loro volonta' politica, ma ha sottolineato che non e' possibile che gli autogoverni locali facciano di piu' rispetto allo stato per quanto riguarda la soluzione del problema della popolazione serba in Kosovo. "Questa iniziativa dei leader comunali al nord del Kosovo puo' soltanto rendere minore il potenziale dello stato e non e' nell'interesse dei serbi nella regione. In qusto modo si compie un danno allo stato nella difesa degli interessi legittimi in Kosovo" ha detto Tadić. Il capo dello stato serbo ha ripetuto che la Serbia non riconoscera' l'indipendenza del Kosovo, che rispetta la Risoluzione 1244 e di essere nella ricerca di una soluzione per la rappresentanza degli esponenti di Priština ai forum regionali che non significhera' ne' esplicitamente ne' implicitamente il riconoscimento dell'indipendenza.

Secondo il ministro serbo per il Kosovo, Goran Bogdanović il risultato si sa in anticipo poiche' il cento percento dei serbi al nord della regione e l'intero governo serbo sono contrari alle istituzioni kosovare. Non serve ad altro, afferma Bogdanović, che complicare maggiormente la gia' difficile situazione e utilizzare questo argomento per scopi della politica quotidiana ed ottenere qualche voto in piu' alle prossime elezioni. Il ministro per il Kosovo e' dell'opinione che il referendum e' frutto dell'influenza di alcuni lider politici di Belgrado sui presidenti dei comuni al nord del Kosovo per destabilizzare la situazione nel momento in cui la Serbia e' in attesa della decisione sullo status di candidato di adesione all'Ue.

Diversa invece l'opinione di Krstimir Pantić, presidente del comune Kosovska Mitrovica il quale ritiene che il referendum e' organizzato come le elezioni locali del 2010. Per la Radio B92, Pantić ha detto che il referendum e' una "espressione di volonta' e del desiderio di tutti i serbi in Kosovo e Metohia a fin di dire chiaramente e ad alta voce che non accetteranno azioni unilaterali e violente". Secondo Pantić l'effetto del referendum sara' proprio "il rafforzamento della posizione del team negoziale della Serbia" e la diminuizione delle pressioni al nord del Kosovo. "Questa e' l'occasione per tutti di convincersi sull'umore della popolazione al nord del Kosovo... La situazione del team sara' rafforzata perche' avra' dietro di se 70.000 serbi che hanno detto fermamente di non volere le istituzioni kosovare" ha detto il presidente del comune di Kosovska Mitrovica. Ha aggiunto che Belgrado e' contraria al referendum perche' "ci sono grandissime pressioni sul governo e sul presidente Boris Tadić".

I rapprsentanti dei serbi al nord del Kosovo, la sera prima del voto hanno dichiarato che il referendum sara' un messaggio al mondo e alla Serbia che i serbi in quest'area non accettano le istituzioni kosovare. Per la televisione 'Most', i presidenti dei comuni Zvečan, Kosovska Mitrovica, Zubin Potok e Leposavić hanno detto di essere consapevoli che il referendum non risolvera' tutti i problemi, ma si sono detti convinti che questo sara' "un forte messaggio politico". "Con la forza si puo' diventare schiavi, ma noi non ci assimileremo e non ci integreremo volontariamente in questo stato, il popolo vuole vivere qui dove hanno vissuto i loro antenati, nella Repubblica Serbia" ha detto il presidente dell'Assemblea del comune di Zvečan, Dobrosav Dobrić, mentre il presidente del comune di Zubin Potok, Stevan Božović ha aggiunto che i serbi dimostreranno a tutti quelli "che hanno dichiarato che il referendum e' stato indetto dai presidenzi dei comuni e dai criminali" che questo non e' vero. "Non stiamo facendo nulla contro gli interessi dello stato serbo. Stiamo proteggendo la Costituzione, l'integrita' e la sovranita' dello stato" ha detto Slavko Stefanović, presidente del comune Leposavić ricordando che i serbi in Kosovo e Metohija possono fare e fanno ancora per il loro paese.

Il referendum in Kosovo non e', tuttavia, il tema principale in Serbia. L'atmosfera e' gia' quella di campagna preelettorale e di attesa della decisione alla prossima riunione del Consiglio europeo. Se la Serbia il prossimo marzo non otterra' lo status di paese candidato di adesione all'Ue, le conseguenze di una tale decisione saranno serie e gravi, sono generalmente le opinioni di analisi e commenti politici relativi al cammino europeo della Serbia. In questo poco tempo restante alla decisione dell'Ue, da Bruxelles arrivano informazioni che e' difficile prevedere quali saranno le valutazioni dei paesi membri dell'Ue. Da una parte, la Commissione europea e il Consiglio europeo affermano che "c'e' ancora tempo" affinche' la Serbia decida ad adempiere le tre condizioni poste lo scorso dicembre, ma ufficiosamente si possono sentire parole di preoccupazione e di avvertimento che il tempo sta velocemente scorrendo e che un progresso, soprattutto relativo al dialogo con il Kosovo, non c'e'. Dal Centro per la politica europea, avvertono che le conseguenze di un nuovo rinvio potrebbero essere molto serie per il futuro della Serbia.

La campagna elettorale in Serbia e' praticamente gia' iniziata. Come si puo' leggere in uno degli articoli della Deutsche Welle, le forze ultranazionaliste sembra che abbiano abbastanza sostegno e l'attuale presidente Boris Tadić ha veramente bisogno di qualcosa di convincente per i suoi elettori. Un esito negativo al prossimo Consiglio europeo avrebbe un impatto molto negativo alla prospettiva dei partiti maggiormente proeuropei. Alcuni esperti politici sono anche dell'opinione che in caso di un altro segnale rosso alla Serbia da parte dell'Ue potrebbe avere conseguenze negative anche per il resto della regione dei Balcani occidentali relative alla questione dell'allargamento. Tuttavia, seppure e' noto che la Commissione europea imputa alla Serbia la responsabilita' a riguardo del suo cammino europeo, ci sono sempre piu' voci che ritengono sia necessario un segnale positivo anche da parte dell'Ue, e il via libero alla candidatura sarebbe proprio questo tipo di segnale.

Quanto alle prossime elezioni in Serbia, il presidente della Commissione amministrativa del Parlamento serbo, Nenad Konstantinović e' dell'opinione che vi sara' una grande affluenza alle urne degli aventi voto. Konstantinović afferma che le prossime elezioni parlamentari e locali dovrebbero svolgersi, secondo le aspettative, il 29 aprile o il 6 maggio. Per l'agenzia di stampa serba Tanjug, Konstantinović ha rilevato che queste elezioni sono di estrema importanza per il futuro cammino europeo della Serbia. Per quanto rigurada le elezioni locali, esse vanno indette dal presidente del Parlamento e per ragioni economiche si prevede che le elezioni locali si svolgeranno in contemporanea con quelle parlamentari. Secondo Konstantinović, sempre nel 2012 si possono attendere anche le elezioni presidenziali.

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